I programmi per l’insegnamento delle cosiddette abilità della vita (life skills) sono inseribili nel contesto dell’ampio movimento statunitense sull’insegnamento delle abilità di pensiero (Elias, Branden-Muller, & Sayette, 1991, p. 161).
Mentre alcuni programmi educativi si concentrano specificamente sullo sviluppo e il miglioramento della competenza decisionale in sé stessa, quelli sulle life skills evidenziano come la competenza nel prendere decisioni si esplica soprattutto attraverso la capacità di vivere in modo funzionale e soddisfacente nei rapporti con gli altri.
Pur mantenendo la focalizzazione sulle abilità individuali, la tipologia delle competenze da insegnare è più ampia rispetto ai programmi, come GOFER o APD – Analisi Personale della Decisione, che esplicitamente limitano il loro raggio d’azione alle abilità strettamente cognitive necessarie per decidere.
I training sulle abilità sociali generalmente si basano sulla teoria dell’apprendimento sociale (Bandura, 1977) e sulla teoria del comportamento problematico (Jessor & Jessor, 1977) per cui «la competenza personale e sociale dipende soprattutto da due fattori: le abilità cognitive generali delle persone e la loro capacità di interagire in modo efficace con il loro ambiente sociale» (Beyth-Marom, Fischhoff, Quadrel, & Furby, 1991, p. 39).
Di cosa si occupano i programmi sull’abilità decisionale
L’obiettivo centrale è di migliorare le abilità prevalentemente sociali che risultano legate a problemi specifici, come l’uso di droga o le difficoltà di rapporto con gli adulti significativi, senza agire in modo limitativo soltanto sulle capacità cognitive legate alla decisione.
La modificazione al livello delle abilità sociali dovrebbe risultare, infatti, in un miglioramento della qualità della vita dei ragazzi arricchendoli della capacità di interagire in modo funzionale con gli altri e permettendogli di usufruire al meglio delle capacità cognitive che si sviluppano in modo parallelo alle altre abilità.
Per vivere in modo soddisfacente non basta, allora, possedere le competenze cognitive per decidere. Altre abilità sono ugualmente necessarie, come la capacità di comunicare e di entrare in relazione con gli altri e di gestire i problemi sociali. Questi programmi evidenziano la dimensione sociale implicata nelle decisioni per cui gli aspetti della scelta e della risoluzione dei problemi interpersonali diventano il fulcro dell’intervento.
I programmi di questo tipo insegnano le “abilità della vita” e generalmente sono progettati per prevenire dei comportamenti specifici, come il fumo, l’abuso di droga o di alcool e le gravidanze precoci (Beyth-Marom, Fischhoff, Quadrel, & Furby, 1991).
Un esempio di corso sull’abilità decisionale sociale
Alcuni corsi sull’insegnamento della abilità della vita trattano in modo esplicito l’abilità decisionale. A titolo esemplificativo parliamo brevemente del programma “Social decision-making skills. A curriculum guide for the elementary grades” (Elias & Clabby, 1989). Esso è parte di un progetto per il “Miglioramento della Consapevolezza Sociale e della Risoluzione dei Problemi Sociali”, un approccio di prevenzione e educazione del disagio (Elias, Branden-Muller, & Sayette, 1991).
A cosa mira il corso
L’abilità decisionale è vista come strumentale all’inserimento armonioso nel contesto sociale.
L’obiettivo fondamentale è stimolare nei bambini una serie di abilità chiave che consentono loro di vivere bene rispondendo in modo costruttivo alle situazioni sociali che richiedono di prendere decisioni e di risolvere dei problemi.
Il programma è stato prodotto specificamente per le scuole elementari.
Il presupposto è che l’insegnamento precoce ai bambini delle modalità funzionali per vivere in modo competente e socialmente produttivo, consente un apprendimento ottimale prima che si instaurino delle cattive abitudini e che i compiti evolutivi diventino troppo pressanti per consentire di imparare in modo sereno. Secondo gli autori, infatti, intervenire nella pubertà e nella preadolescenza ha un impatto minore sui ragazzi perché essi sono già sottoposti ad un insieme di pressioni e di richieste ambientali tali da limitare la capacità di apprendere in modo ottimale (Elias & Clabby, 1989, pp. 11-12).
La struttura del programma sull’abilità decisionale
Il programma è diviso in tre fasi e la parte centrale è il modello della risoluzione di problemi sociali.
La fase iniziale
Consiste nel controllo della presenza nei bambini di alcune abilità di base necessarie al lavoro successivo. Queste competenze fondamentali, che vanno promosse, sono categorizzate come “prontezza” nell’apprendimento o come capacità di sapere come apprendere.
Infatti, perché i bambini possano apprendere in modo efficace e recepire in modo appropriato i contenuti che l’insegnante offre, essi devono sapere «controllare gli impulsi a distrarsi ed arrabbiarsi», «essere consapevoli della presenza di diverse emozioni e (…) acquisire metodi per gestirle» (Elias, Branden-Muller, & Sayette, 1991, p. 174).
- Il controllo degli impulsi e la distrazione: se un bambino si distrae facilmente nel corso della lezione, difficilmente potrà imparare ciò che l’insegnante spiega. Questa capacità rientra nell’autocontrollo e viene insegnata attraverso diverse tecniche e giochi in un’unità didattica in otto punti. L’abilità nel riconoscere e nel controllare le proprie emozioni non è l’unica componente insegnata nella fase preliminare del modello.
- La seconda abilità fondamentale è la capacità di inserirsi nel lavoro di gruppo, di partecipare alle attività di classe e di gioco. Anche la capacità di stare con gli altri è necessaria per la vita quotidiana ed è funzionale al raggiungimento dell’obiettivo centrale del corso, che è l’acquisizione delle abilità decisionali sociali. Al suo sviluppo e consolidamento è riservata un’altra unità di otto punti.
Tali competenze sociali di base sono stimolate dall’uso di tecniche specifiche proposte nel manuale.
La fase centrale
La parte centrale del lavoro è l’insegnamento di un modello per le decisioni sociali in un’unità di ventidue punti. Le fasi di questo modello per la risoluzione dei problemi sociali sono otto:
1) Cercare segni di emozioni diverse.
2) Dire a sé stessi qual è il problema.
3) Decidere quale è il proprio scopo.
4) Fermarsi e pensare a quante più soluzioni possibili.
5) Per ogni soluzione pensare a tutte le cose che potrebbero capitare dopo.
6) Scegliere la soluzione migliore per sé.
7) Fare una pianificazione e un controllo finale.
8) Provare e ripensarci (Elias & Clabby, 1989, p. 32).
Oltre ad una metodologia d’intervento molto dettagliata, gli autori offrono agli insegnanti dei profili per identificare lo stato iniziale degli studenti rispetto alle varie abilità e per definire le loro conoscenze e strutture decisionali così da intervenire in modo coerente e rispettoso delle diversità tra i vari alunni.
La terza fase
La terza fase del programma consiste in un’unità in cui la struttura generale del modello viene applicata a compiti scolastici, come la scrittura creativa, e sociali, come la comprensione dei media e il superamento dei pregiudizi.
Riflessioni conclusive
Il programma sulle abilità decisionali sociali costituisce un ampliamento della prospettiva di intervento sulle capacità decisionali.
- È interessante la sua focalizzazione sulle decisioni sociali, perché il modello teorico decisionale viene inserito direttamente in un contesto pratico rilevante.
- Affronta il problema dell’insegnamento del processo di scelta basandosi sull’acquisizione di abilità comunicative e sociali di base. In ogni momento del lavoro coi bambini le emozioni svolgono un ruolo centrale e non soltanto come facilitatrici o inibitrici dei processi cognitivi. Si educa a distinguerle in sé e negli altri, a usarle come segnale per interpretare quanto accade. Ciò ha il vantaggio di appoggiarsi alla totalità della persona e non soltanto alla componente razionale, il che corrisponde meglio alla situazione reale di scelta.
- Un punto a favore di questo programma è la preparazione degli insegnanti attraverso delle lezioni teoriche, delle esperienze pratiche e la supervisione delle attività.
- Un altro elemento positivo consiste nel coinvolgimento dei genitori nelle attività, per sfruttare la capacità di supporto e rinforzo dell’ambiente, orientandola nella direzione di un appoggio ai contenuti del programma.
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E’ la decisione giusta da prendere per evitare di incorrere in pessime decisioni ed acquisire strategie più efficaci per il futuro.
Bibliografia
JANIS, I. L., & MANN, L. (1977). Decision making: a psychological analysis of conflict, choice and commitment. New York: The Free Press.
Estratto dalla tesi di laurea
Matini. C. (1995). Prendere decisioni e l’assunzione dei rischi nell’adolescenza. Modelli teorici e prospettive educative.