Sull’utilizzo a scuola di lavori di gruppo ci sono due principali scuole di pensiero che influenzano la scelta dei docenti di dare spazio al cooperative learning:
- la prima valuta le metodologie partecipative come significative per un apprendimento cognitivo e relazionale
- la seconda le considera limitanti, poco fattibili e inutili.
A chi dare ragione?
In questo articolo desidero approfondire alcuni comuni pregiudizi rispetto all’utilizzo di tecniche di apprendimento cooperativo a scuola, per fare chiarezza tra il comune lavoro di gruppo e un gruppo di apprendimento cooperativo.
Ecco la lista che verrà approfondita:
- Il lavoro di gruppo favorisce il disimpegno di alcuni studenti
- Se si fa lavorare in gruppo, c’è sempre chi non lavora e chi fa più del dovuto
- Agli studenti più bravi non conviene partecipare ai lavori di gruppo
- L’Apprendimento Cooperativo non aiuta gli studenti a prepararsi ad un mondo competitivo
- Usare il Cooperative Learning fa perdere tempo rispetto al programma da svolgere
- Fare parlare tra loro gli studenti sui contenuti comporta problemi di disciplina e di gestione della classe
- Il Cooperative Learning obbliga gli studenti a lavorare con altri che non piacciono
Vediamoli uno per volta.
1. Il lavoro di gruppo favorisce il disimpegno di alcuni studenti
FALSO.
Il problema della diminuzione dell’impegno in situazioni di gruppo è stato studiato in molti esperimenti di psicologia sociale: in un famoso esperimento si constatò come la presenza di altre persone portava a diminuire l’impegno (ai soggetti veniva chiesto di battere le mani prima da soli, poi in coppia, poi in più di due). Il gruppo porta ad un fenomeno di diffusione della responsabilità, per cui la persona si sente protetta dall’essere con altri.
Ci sono alcuni modi per evitare questo fenomeno:
- formare dei gruppi piccoli (max 4 persone);
- dare a ciascuno un compito specifico chiaramente individuabile;
- fornire gli studenti di buone competenze sociali comunicative così da rendere possibile il dare e ricevere richiami senza far sperimentare rifiuto o critiche eccessive;
- fornire competenze di gestione dei conflitti per potere risolvere le situazioni in cui alcuni studenti non vogliono stare insieme o si accusano a vicenda.
2. Se si fa lavorare in gruppo, c’è sempre chi non lavora e chi fa più del dovuto
Vero se si pensa al lavoro di gruppo NON cooperativo.
Ma è FALSO..
Nelle attività svolte collettivamente, che sono spesso sperimentate a scuola (e non solo) ci sono studenti che fanno la loro parte e anche quella degli altri.
La responsabilità è lasciata alla buona volontà dei singoli.
Nel cooperative learning è molto difficile che ciò avvenga. La pianificazione della lezione cooperativa assicura che ogni studente contribuisca per permettere al gruppo di raggiungere il suo obiettivo. Con metodi molto concreti viene fortemente stimolata la responsabilità individuale e quella di gruppo.
In questo senso, il cooperative learning differisce dai gruppi informali collaborativi che spesso non garantiscono il contributo di ognuno per arrivare al successo. Le tecniche cooperative sono strutturate in modo che nessuno possa approfittare del lavoro degli altri.
3. Agli studenti più bravi non conviene partecipare ai lavori di gruppo
FALSO.
Il lavoro di gruppo consente di mettere in atto una strategia cognitiva fondamentale per l’acquisizione profonda dell’argomento di studio: la spiegazione. Dovere spiegare al compagno in difficoltà consente di rielaborare quanto si sa, usando parole diverse, facendo esempi. Ciò rende più significativo il proprio apprendimento.
Alcune ricerche indicano che chi fa da tutor al compagno in difficoltà migliora nel rendimento, mentre non ci sono prove che il tempo speso a spiegare ad altri sia dannoso all’apprendimento.
In più, il lavoro di gruppo consente di confrontarsi non solo rispetto ai contenuti, ma dal punto di vista umano: esso permette una conoscenza reciproca più approfondita e la pratica di competenze sociali che non sempre i ragazzi che rendono molto dal punto di vista strettamente scolastico riescono ad applicare con uguale facilità.
Esistono poi alcune strategie di organizzazione della classe e dei contenuti tali da rispettare eventuali bisogni di alunni plusdotati:
- uso flessibile dell’eterogeneità (per classi aperte);
- compiti con risultati progressivi.
4. L’Apprendimento Cooperativo non aiuta gli studenti a prepararsi ad un mondo competitivo
FALSO.
Cogliere solo la dimensione competitiva nella società e nel lavoro è limitante. In realtà, viene sempre più richiesta la capacità di interagire e collaborare con altri.
Un motivo per cui le aziende non scelgono candidati in fase di selezione o licenziano persone al primo impiego non è tanto la mancanza di abilità sul lavoro, ma la mancanza di abilità interpersonali, che rientrano tra le cosiddette soft skills.
Data questa realtà, è compito delle scuole favorire negli studenti la crescita di competenze interpersonali necessarie per una partecipazione attiva alla vita sociale ed economica. Questo non sta ancora accadendo nelle nostre scuole, o non abbastanza. Paradossalmente, si lavora poco sulle competenze sociali proprio quando gli studenti si avvicinano di più al mondo del lavoro, cioè nella scuola secondaria di secondo grado. Se questo non cambia, le opportunità di successo degli studenti continueranno a diminuire, perché la nostra economia si sta orientando verso lavori di alta tecnologia in cui le abilità interpersonali sono fondamentali.
Inoltre, il metodo cooperativo non deve essere usato in modo esclusivo, ma piuttosto utilizzato flessibilmente con altri metodi competitivi ed individualistici, per favorire la preparazione degli studenti ad un’ampia varietà di situazioni sociali.
Occorre accrescere nei giovani la quantità di strategie disponibili per comportarsi in modo elastico in situazioni diverse e stimolare la capacità di selezionare le strategie comportamentali in base al contesto sociale in cui si troveranno inseriti.
5. Usare il Cooperative Learning fa perdere tempo rispetto al programma da svolgere
FALSO.
Da quando sono entrate in vigore le Indicazioni Nazionali, il rispetto rigido di argomenti da svolgere non esiste più. Tuttavia, permane in molti docenti l’idea che occorra affrontare determinati temi nel corso dell’anno scolastico e che l’apprendimento cooperativo faccia perdere tempo.
Si dimentica, in questa riflessione, quanto lavorare in modo cooperativo porti ad un apprendimento attivo e al miglioramento dei risultati accademici.
Alcuni metodi cooperativi sono orientati verso l’acquisizione di abilità e informazioni fondamentali; altri verso il completamento di progetti complessi, spesso con un’enfasi sulle abilità superiori di pensiero. Gli stessi metodi possono essere usati con obiettivi diversi.
Ad esempio, il Jigsaw può essere usato per svolgere un’ampia quantità di materiale in poco tempo, a causa della divisione del lavoro prevista. D’altra parte, esso può essere utilizzato all’interno di un approccio focalizzato sui processi, i cui obiettivi sono di promuovere livelli superiori di pensiero, senza preoccupazione per la quantità di contenuto da affrontare. In questo caso, ad ogni studente può essere assegnata una prospettiva e gli obiettivi sono la discussione e il pensiero.
Inoltre, usare in modo costante tecniche cooperative favorisce l’interiorizzazione di nuove norme di comportamento, che vengono applicate in altre situazioni di lavoro di gruppo
Infine, il cooperative learning libera l’insegnante dalla necessità della costante supervisione e gli permette di usare le sue abilità professionali ad un livello più elevato (Cohen, 1994).
Il Cooperative Learning offre metodi per raggiungere un ampio insieme di obiettivi educativi in modo più efficace dei metodi tradizionali.
6. Fare parlare tra loro gli studenti sui contenuti comporta problemi di disciplina e di gestione della classe
FALSO. Non necessariamente.
Quando si lavora con il cooperative learning, gli insegnanti possono perdere il controllo della classe perché mancano delle strategie per gestire le energie che vengono scatenate dal raggruppare gli studenti e dal permettere loro di interagire.
È quasi una seconda natura dell’insegnante sforzarsi di tenere i ragazzi buoni, chiedendo loro di concentrare la loro attenzione sul testo o sul suo discorso. Gli insegnanti dimenticano che stanno impedendo ai ragazzi di fare ciò che più desiderano, cioè interagire tra loro. I ragazzi amano fare domande, discutere, dibattere e condividere.
La grande forza dell’Apprendimento Cooperativo sta nell’incanalare questa intelligenza naturale verso risultati accademici e sociali. Questo implica però che l’insegnante sappia gestire ciò che accade incanalando l’energia in direzioni positive: egli deve sapere gestire una classe di gruppi (Kagan, 1992). Se l’uso dell’Apprendimento Cooperativo non è affiancato da un sistema efficace di gestione della classe, è probabile che nascano problemi di disciplina.
7. Il Cooperative Learning obbliga gli studenti a lavorare con altri che non piacciono
VERO. E C’è UN MOTIVO MOLTO SERIO PER QUESTO.
Il cooperative learning offre numerose tecniche per il lavoro di gruppo, da scegliere in base agli obiettivi disciplinari: autori come Johnson e Johnson, Kagan, Sharan e Slavin hanno sviluppato metodi cooperativi molto variegati.
Ci sono tuttavia alcune regole generali per organizzare i gruppi in modo tale che ne venga garantita l’eterogeneità, cioè la diversità interna di caratteristiche (rendimento, genere, abilità…).
È l’insegnante ad assegnare gli studenti ai gruppi, valutando la composizione in base a più criteri, non ultimo quello relativo alla capacità di interagire positivamente. Questo comporta la possibilità che nei gruppi ci si ritrovi con compagni che non si sceglierebbero mai.
Sicuramente la regola dell’eterogeneità evita di fare scegliere agli studenti con chi vogliono stare, perché il rischio è che non colgano l’importanza delle differenze per un lavoro ben riuscito e si focalizzino invece sulle simpatie/antipatie, creando gruppi di amici e lasciando fuori chi non è gradito.
Il vantaggio di tale situazione sta nel doversi mettere in gioco per il bene comune, cioè per il risultato da ottenere congiuntamente, nonostante l’assenza di simpatia.
Uno strumento consigliato dagli autori di cooperative learning è il sociogramma di Moreno, utile ad analizzare la rete delle relazioni sociali in classe. Tali informazioni consentono di valutare anche dal punto di vista relazionale chi può lavorare con chi.
Il potere della costruzione della classe, dei gruppi, delle dinamiche di gruppo positive da parte dell’insegnante porta anche gli studenti inizialmente ostili e riluttanti a partecipare attivamente.
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