Qual è il ruolo delle emozioni nelle decisioni?
Molti modelli descrittivi delle decisioni si sono basati su una visione dell’essere umano che ne sottolinea la razionalità. Sembra lecito chiedersi fino a che punto questa prospettiva colga la complessità umana che certo non si esaurisce nelle competenze cognitive.
È difficile convincersi che scegliere la propria carriera o decidere se sottoporsi ad un intervento chirurgico siano questioni risolvibili soltanto mediante l’applicazione di un modello formale.
Anche se alla base di tutte le decisioni possono essere individuati gli stessi meccanismi cognitivi, un ruolo fondamentale viene svolto dalle emozioni.
Decisioni, stress ed emozioni
Tutti conosciamo le emozioni forti, spesso contrastanti, sperimentate nelle scelte importanti, le motivazioni e le paure che ci trattengono dall’esprimere una posizione chiara o che ci spingono ad agire senza riflettere. Tali circostanze sono interpretabili come “conflitti decisionali”.
Infatti, essi implicano «tendenze simultanee ed opposte all’interno dell’individuo per accettare o rifiutare un dato corso di azione» (Janis & Mann, 1977, p. 46).
La consapevolezza dei rischi che seguono un’azione, la paura di pentirsi della propria scelta, di vederla criticata dalle persone care, suscitano dubbi e il bisogno di essere cauti.
Anzi, di fronte ad una scelta di cui si comprendono i rischi e la complessità, lo stress appare come un sintomo evidente del coinvolgimento emotivo.
Se lo stress è legato alle scelte importanti, allora si può ipotizzare che eserciti un’influenza sulle modalità di scelta.
Questo assunto è alla base del lavoro di Janis e Mann. Essi hanno sviluppato un modello decisionale che specifica come l’intensità dello stress sia una delle variabili che influisce sulle decisioni, determinando a volte delle disfunzioni nel comportamento di scelta (Janis & Mann, 1977).
Capire quale è il proprio “stile decisionale” e comprendere quali errori si commettono più frequentemente nel prendere decisioni è importante. Gli autori di questa teoria hanno sviluppato un programma educativo per la scuola secondaria di secondo grado, GOFER, un percorso di circa 50 ore da realizzarsi in due anni.
Stress e scelte
Lo studio delle reazioni umane in circostanze di grave pericolo (come in caso di incendi, inondazioni e tornado) ha permesso di cogliere cinque modalità di gestione della situazione di emergenza. È possibile ritrovare gli stessi meccanismi nelle decisioni personali o di lavoro che implicano un coinvolgimento emotivo, nonostante le differenze riscontrabili tra i due tipi di situazioni di scelta.
Infatti, nelle decisioni di emergenza, il tempo a disposizione è minimo rispetto ad altri tipi di scelte e gli elementi in gioco sono spesso la vita propria e delle persone care (Janis & Mann, 1977, p. 54). I meccanismi cognitivi sono, però, gli stessi e studiando le reazioni psicologiche allo stress in condizioni estreme si possono estendere i risultati agli altri tipi di decisioni.
Come valutare la qualità della decisione
È possibile valutare la qualità della decisione dalla funzionalità delle procedure che vengono usate. Gli autori individuano sette criteri per misurarla. Dal grado di aderenza ad essi è possibile prevedere la misura in cui la persona si pentirà della scelta fatta e proverà rimpianto.
Il decisore “al meglio della sua abilità e all’interno delle sue capacità di elaborazione delle informazioni” svolge specifiche attività mirate ad una efficace decisione:
- esamina in modo dettagliato un ampio insieme di corsi di azione alternativi;
- analizza gli obiettivi che devono essere realizzati e i valori implicati nella scelta;
- valuta attentamente i costi e i rischi di conseguenze negative, così come le conseguenze positive che potrebbero derivare da ogni alternativa;
- ricerca in modo intenso nuove informazioni rilevanti per una ulteriore valutazione delle alternative;
- assimila e tiene conto in modo corretto di ogni nuova informazione o giudizio esperto a cui è esposto, anche quando vanno contro le preferenze personali;
- riesamina le conseguenze positive e negative di tutte le alternative conosciute incluse quelle ritenute inaccettabili, prima di decidere;
- progetta dettagliatamente il piano per eseguire il corso di azione scelto. Immagina anche piani di contingenza che possono essere necessari se si materializzassero i vari rischi conosciuti.
Vediamo di seguito quali sono le strategie decisionali individuate e come incrociano le azioni sopra elencate.
Lo stile corretto: VIGILANZA
Se la persona attua tutte le azioni prescritte sopra elencate, allora arriverà alla scelta caratterizzata dall’ «elaborazione di informazioni vigile» (Ibid. p. 12). Questa è la modalità ottimale di gestione del conflitto, in cui si realizzano le caratteristiche della scelta di alta qualità.
Tuttavia, esistono schemi alternativi che pur essendo occasionalmente adattivi risultano spesso in scelte sbagliate. Essi si realizzano in momenti diversi in risposta a questioni che sorgono prima dell’attuazione della scelta e soddisfano in gradi diversi i criteri per una decisione di alta qualità:
- inerzia non conflittuale
- cambiamento non conflittuale
- fuga difensiva
- iper-vigilanza.
Vediamoli di seguito attraverso un esempio.
Consideriamo la situazione di Carlo: egli beve alcoolici e spesso arriva ad ubriacarsi. Questa sua condizione non implica un conflitto per lui finché non c’è uno stimolo nuovo che suscita il problema.
Gli stili decisionali senza conflitto
INERZIA NON CONFLITTUALE
Per caso, egli guarda in televisione un programma in cui si mostrano le conseguenze del bere. L’evento “sfida” la situazione attuale mettendone in dubbio la bontà.
Carlo comincia ad interrogarsi: anche lui corre il pericolo di sperimentare quei sintomi se continua a bere?
Probabilmente cercherà di capire se quanto ha sentito è verosimile e se questo può applicarsi alla sua situazione. Ci sono due esiti possibili:
- No: egli potrebbe ricordare una visita medica fatta di recente in cui è risultato in buona salute e la risposta alla domanda sarà negativa. Di conseguenza si produrrà la prima modalità decisionale possibile: l’inerzia non conflittuale. Egli decide di continuare con il comportamento abituale.
- Sì: in effetti all’ultima visita medica gli esami hanno riscontrato qualche valore fuori dalla norma…
CAMBIAMENTO NON CONFLITTUALE
Le informazioni raccolte confermano l’esistenza di un rischio se persevera con questo tipo di condotta. In questo caso Carlo passa alla domanda successiva: ci sono rischi se lascia la posizione attuale e rinuncia all’alcol? Egli comincia a pensare a cosa perderà se smette di bere.
Se la valutazione dei rischi non dà risultati significativi, allora si realizza la seconda modalità decisionale: Carlo cambia azione e smette di bere.
Sia per la prima che per la seconda modalità di scelta non c’è il conflitto interiore perché questo si crea in seguito alla consapevolezza dei rischi di perdere ciò che si ha o di mancare di raggiungere ciò che si desidera.
Lo stress è minimo perché i rischi di perdita sono praticamente inesistenti:
- Nel caso dell’inerzia non conflittuale, i rischi di perdita legati al mantenimento della situazione iniziale non sono tali da giustificare preoccupazioni, pertanto, la scelta è di continuare nella condotta originale.
- Nel caso del cambiamento non conflittuale i vantaggi dell’alternativa sono tali da far realizzare un guadagno rispetto alla scelta precedente. Anche in questo caso non ci sono conflitti emotivi e si passa al nuovo comportamento senza stress.
In questo caso, le emozioni saranno forse il sollievo dopo la preoccupazione, la soddisfazione di potere continuare a bere.
Gli stili decisionali con conflitto e stress
Quando si comprende che restare nella posizione originale o cambiare il corso dell’azione implicano forti rischi, allora nasce il conflitto e con esso lo stress.
Torniamo al problema di Carlo. Egli ha scoperto che
- continuare a bere implica la conseguenza molto probabile di peggiorare le sue condizioni fisiche
- smettere vuole dire non potere più rilassarsi completamente e dovere evitare di incontrare gli amici che condividono lo stesso comportamento.
Entrambe le scelte hanno forti svantaggi e comportano emozioni come il timore, l’ansia, la preoccupazione, forse la rabbia, il disgusto per sé stesso.
La domanda successiva è se riuscirà a trovare un’alternativa migliore di queste due.
Per potere rispondere cercherà altre informazioni, forse presso uno studio medico o dagli Alcolisti Anonimi.
EVITAMENTO DIFENSIVO
Se Carlo alla fine si accorgerà che la soluzione possibile implica comunque rischi che non possono essere evitati, allora perderà la speranza di potere uscire dall’angoscia della sua situazione e metterà in pratica la terza modalità possibile.
Egli risolve il conflitto evitando accuratamente tutte le informazioni che dimostrano i limiti della propria situazione.
- Se decide di continuare a bere, allora, forse, eviterà le trasmissioni che parlano di alcool, di problematiche sociali o di malattie, oppure sarà selettivo nell’ascolto, captando solo parti di messaggi o distorcendone il senso.
- Se deciderà di smettere di bere, cercherà modi alternativi di rilassarsi e sfuggirà le cattive compagnie cercando rifugio nella compagnia di altre persone, magari razionalizzando la nostalgia per il bere.
Una modalità attuata, sia prima che dopo la selezione forzata dell’alternativa, consiste nel convincersi della sua validità attraverso il meccanismo cognitivo del sostenimento. Esso è attuabile in varie forme:
- esagerando i vantaggi dell’opzione da scegliere,
- minimizzandone gli svantaggi,
- negando i propri sentimenti contrari alla scelta,
- esagerando la lontananza del momento in cui ci si dovrà impegnare nella sua realizzazione,
- minimizzando il ruolo di controllo dell’ambiente sociale e la propria responsabilità (Janis & Mann, 1977, pp. 91-95).
Questo accade quando si è costretti a scegliere tra soluzioni ugualmente spiacevoli.
Carlo potrebbe, invece, accertarsi che è possibile trovare una soluzione alternativa migliore di quelle definite in precedenza.
A questo punto la domanda che occorre porsi è se si ha tempo sufficiente per agire.
IPER-VIGILANZA
Carlo potrebbe fare una nuova visita di controllo e scoprire di avere una cirrosi epatica piuttosto grave. Si rende conto che forse non c’è sufficiente tempo per modificare la propria condotta e rimediare. Come si sentirà e quale sarà la sua reazione?
Probabilmente avvertirà un forte stress, avrà paura, forse panico, proverà rimorso per l’errore commesso.
Queste emozioni lo porteranno in uno stato tale da cercare in modo frenetico e superficiale tutte le alternative possibili cercandone una almeno sufficiente a soddisfare i suoi bisogni.
Se si attua questa modalità decisionale di gestione del conflitto ci si può spaventare tanto da concentrarsi solo sugli aspetti più negativi della situazione trascurando le possibilità di uscirne.
Lo stress avvertito in relazione alla mancanza di tempo è potente nel condizionare la modalità di reazione.
VIGILANZA
Se, invece, si scopre di avere tempo sufficiente per approfondire la ricerca di una soluzione, allora lo stress si abbassa perché c’è la consapevolezza di poter trovare una soluzione adeguata.
In queste condizioni la modalità decisionale che si realizza è quella ottimale di vigilanza, che porta ad una scelta di alta qualità.
Conclusioni
Poiché le persone non sono elaboratori meccanici, ma “animali a sangue caldo”, le loro emozioni esercitano un influsso sulle scelte. In particolare, lo stress che deriva dai conflitti decisionali può intervenire determinando la modalità particolare di reazione. Ci sono poi altre emozioni che, in fasi diverse del processo decisionale, intralciano o sostengono la qualità delle decisioni.
Quando ci si trova di fronte a decisioni importanti, occorre tenere presente che l’adeguatezza della scelta dipenderà anche dalle strategie utilizzate per la scelta stessa e dalla gestione delle emozioni ad essa collegati.
In questo senso, a volte può essere utile un percorso di consulenza psicologica per liberare la strada da inutili pesi e preoccupazioni.
Bibliografia
JANIS, I. L., & MANN, L. (1977). Decision making: a psychological analysis of conflict, choice and commitment. New York: The Free Press.
Estratto dalla tesi di laurea
Matini. C. (1995). Prendere decisioni e l’assunzione dei rischi nell’adolescenza. Modelli teorici e prospettive educative.