In questo articolo parlerò di alcune tecniche di peer tutoring. Le descrizioni che seguono sono riprese dal testo di Martinez e Comoglio (1994) e sono relative a diversi programmi di apprendimento che prevedono il coinvolgimento attivo degli studenti in coppie o piccoli gruppi con tecniche di peer tutoring.
Partner learning – compagno di apprendimento (Smith, 1977)
Questo programma di apprendimento individualizzato prevede che il peer tutoring affianchi la modalità tradizionale di lezione.
La classe viene inizialmente sottoposta ad un test sull’argomento da studiare, sulla base del quale si costituiscono coppie (punteggio alto con punteggio basso, oppure punteggio medio con medio). Le coppie sono libere di lavorare assieme quando ne avvertono l’esigenza per confrontarsi su quanto non capiscono.
La durata degli incontri varia da 1 a 10’, a volte di più, in base alla complessità del compito da affrontare.
Durante la lezione gli studenti possono quindi parlarsi in coppia quando in difficoltà e verificano se ciascuno ha compreso il materiale assegnato.
Regola importante: i problemi vanno risolti in classe con il partner.
PPP – Pause, Prompt, Praise (pausa, suggerimento, elogio) (Wheldall e Colmar, 1990)
Il programma, sviluppato per i problemi di apprendimento nella lettura, usa come tutor i genitori e, soprattutto, i compagni di classe. Ha alla base un modello di apprendimento della lettura che pone al centro tre abilità:
- Uso di informazioni contestuali e sintattiche
- Sapere discriminare informazioni grafo-foniche
- Controllo di sé ed auto-correzione.
Prevede una procedura specifica da adottare:
- Pausa: viene fatta dal tutor quando il bambino che legge sbaglia o esita. E’ il tempo per consentire la consapevolezza dell’errore e l’autocorrezione.
- Suggerimento: se dopo 5 secondi il bambino non trova la risposta corretta da solo, allora il tutor offre il suggerimento, con strategie diverse che dipendono dal tipo di errore commesso. L’obiettivo è far riflettere più che dare subito la risposta giusta.
- Lode ed incoraggiamento: il rinforzo deve essere specifico ed immediato, e va dato anche in caso di auto-correzione.
Co-tutoring o tutoraggio reciproco (GoldSchid, 1970)
Nato per il contesto universitario, prevede che tutti gli studenti di una classe di preparino su un argomento, pensando anche a domande. Successivamente vengono messi in coppia in modo casuale e sono invitati ad insegnarsi ciò che hanno appreso anche mediante domande e commenti. L’insegnante svolge un ruolo di osservatore e di esperto del contenuto per eventuali approfondimenti.
Alcuni suggerimenti operativi
- La ricerca riporta come si ottengano risultati migliori quando si usano materiali strutturati. I materiali, suddivisi in sequenze, permettono al tutee di procedere gradualmente e facilitano il compito del tutor, riducendo la complessità e la durata della formazione.
- Sembra che funzionino bene programmi di media lunghezza, di ameno 5-7 settimane, con 2-3 incontri a settimana di circa 30’, di cui 20’ di incontro reale con il tutee e 10’ di preparazione del materiale. Occorre comunque ricordare che la durata del peer tutoring dipende dall’età degli allievi, dalla tipologia del compito e dalle potenzialità cognitive del tutor e del tutee, ecc. (Gagliardini, 2010).
- Occorre considerare essenziale una fase di training del tutor per preparare gli studenti a svolgere adeguatamente il ruolo rispetto ad abilità relazionali quali il saper dare aiuto senza sgridare o picchiare, incoraggiare, osservare il comportamento del tutee.
- E’ importante educare anche abilità semplici di conduzione dell’incontro, come sedersi adeguatamente nella sessione e tenere in ordine i propri materiali per la lezione.
- Infine, non sono di poco conto le abilità di possesso dei contenuti, per preparare le attività della lezione in anticipo (se devono leggere, allora leggere prima il testo e prepararsi le domande da fare).
- Come per l’uso efficace delle tecniche di Cooperative Learning, la scelta dell’ambiente costituisce un dettaglio rilevante da curare. Sarebbe meglio che l’esperienza di tutoring avvenisse nella stessa classe ma l’importante è che gli studenti possano lavorare tranquilli.
- Ulteriore attenzione sta nel monitoraggio e controllo dell’efficacia delle sessioni come stimolo alla motivazione degli studenti. Occorre prevedere delle prove di apprendimento in itinere e dei report che il tutor può compilare.
- Infine, è utile individuare e offrire rinforzi per sostenere l’impegno sia del tutor che del tutee.
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Bibliografia
Gagliardini, I. (2010). L’aiuto reciproco in classe: esperienze di peer tutoring. Psicologia e scuola, gennaio-febbraio, 11-18.
Martinez, M.E., & Comoglio, M. (1994). Apprendere insegnando. Il “Peer tutoring”: teoria, storia, ricerca, applicazione. Istituto di Didattica, Roma.
Ripreso e adattato dall’articolo “Insegnamento tra pari: chi ci guadagna di più?” pubblicato su Scintille.it nel Marzo 2017.